Anna Vitiello nacque a Torre del Greco il 19/03/1904.
Appartenne a famiglia semplice, agiata, di vita religiosa praticante, da cui ebbe la prima educazione alla vita di pietà. Il padre, Pietro, tipo severo, ma molto paterno, era tutto dedito al lavoro e alla famiglia. La madre, Rachele Jengo, instancabile nel lavoro domestico, abituava i figli alla recita delle preghiere della mattina e della sera, del Santo Rosario, alla frequenza al catechismo, alla confessione settimanale.
Anna fu la ottava di dieci figli. Trascorse la prima fanciullezza nella pace e gioia della famiglia. Fece la prima Comunione all’età di sette anni. Frequentava il Santuario della Madonna del Buon Consiglio, già da ragazza non mancava alle predicazioni del mese mariano, alla pratica dei primi venerdì del mese, dei primi sabati in onore della Madonna di Pompei.
Dagli undici ai diciotto anni frequentò a Torre Annunziata le scuole medie e magistrali. Si distinse per la sua assiduità alla scuola, per lo studio della matematica, così pure per la sua vivacità nel giuoco e ginnastica. Fu questo anche il periodo della guerra mondiale.
In famiglia c’era aria di tristezza, perché ben cinque fratelli erano militari. Si pregava tanto! Subito dopo la guerra morì uno dei fratelli a 23 anni. Anna ne risentì molto e da ragazza molto vivace e allegra si cambiò in giovanetta seria e attempata.
A diciotto anni conseguì il diploma magistrale e continuò ancora a studiare da sola, perché avrebbe desiderato continuare gli studi universitari come i fratelli, ma sorsero difficoltà, particolarmente per la sua salute delicata, per cui rimase in famiglia per dedicarsi ai lavori domestici.
In famiglia non mancarono altri dolori: due sorelle restarono vedove dopo pochi anni di matrimonio e ritornarono in famiglia con i loro bimbi.
La mamma andava a Messa ogni giorno, in casa non mancarono le visite dei buoni parenti e qualche volta di sacerdoti amici.
Anna pensava vagamente a farsi suora. Non lo manifestò mai a nessuno, ne aveva idee chiare della vita religiosa, soltanto le piacevano le suore. Sapeva che i genitori erano stati contrari alla proposta di un’altra sorella che voleva farsi religiosa, ella quindi non ne parlò e quel vago desiderio si spense.
A ventiquattro anni passò a matrimonio, senza molto entusiasmo, ma come per compiere un dovere, aveva però l’ideale di una numerosa schiera di figli.
Sposò il giovane Angelo Maresca, ragioniere, di ottimi costumi e religioso praticante. Insieme, andavano a Messa, alle funzioni religiose, ai pellegrinaggi. Tutti e due erano attivi nell’Azione Cattolica, egli presidente del gruppo uomini ed ella presidente del gruppo donne, presso la Parrocchia di S. Francesco di Paola in Torre Annunziata.
Erano veri collaboratori del Parroco, per ogni iniziativa e necessità.
Vivevano serenamente il loro matrimonio con la sola nota triste della mancanza di figli. Spesso però erano circondati da una schiera di nipotini o dai fanciulli di azione cattolica, dei quali la signora era la delegata. La mancanza dei figli le permetteva di coltivare maggiormente la vita spirituale con la partecipazione alla Messa quotidiana, con la meditazione giornaliera e letture spirituali.
Aveva disponibilità di tempo per lavorare nell’apostolato: appartenne al consiglio diocesano di Azione Cattolica, fu zelatrice dell’Apostolato della preghiera e così diffuse-la Consacrazione delle famiglie al Cuore di Gesù, organizzava i turni di adorazione delle “Lampade Viventi”; fu corrispondente della “Protezione della Giovane”.
Sue letture particolari furono gli scritti di S. Francesco di Sales, vite dei Santi, il Messaggero del Sacro Cuore, una rivista missionaria dei Gesuiti. La vita di S. Francesco d’Assisi la spronò a farsi Terziaria Francescana. Ammirando Santa Francesca di Schantal diceva: ” Farei lo stesso se venissi a trovarmi nelle sue condizioni”. In realtà, un giorno venne a trovarsi in condizioni simili alla Santa.
A causa della guerra il marito fu richiamato militare nel 1942. Fu nel periodo che rimase sola, che ella sentì fortemente l’ideale della vita religiosa: “Se potessi essere suora…” si ripeteva. Era il Signore a suscitarle un nuovo desiderio, era una nuova vocazione… ella ne gioì, e ne sperava possibile l’attuazione, dato che il marito, molto unito ai salesiani, forse si sarebbe fatto volentieri coadiutore salesiano. Scrisse questo suo desiderio al marito lontano, egli rispose che erano cose da parlarne al suo ritorno.
Ella confidò la sua vocazione al suo direttore spirituale. Padre Ermelindo Masone, redentorista, confessore allora nel Santuario di Pompei e ad un cappuccino Padre Michelamgelo da Rionero, del quale si conserva la risposta alla sua lettera. Lo disse anche a Sua Eccellenza Mons. Camerlengo, che si trovò per una cerimonia religiosa in parrocchia
Tutti le rispondevano che l’attuazione della sua vocazione dipendeva dalla volontà del marito. Finì la guerra. Il marito ritornò nel giugno del 1944. Insieme andarono in devoto pellegrinaggio dalla Madonna di Pompei. Lì si sarebbero incontrati col Padre Masone.
Angelo si presentò per primo dal Padre, parlarono… Egli manifestò che non aveva nessuna vocazione di farsi religioso, ne la forza di separarsi dalla moglie. Questa ne pianse, ma dovette pronunziare: “Sia fatta la volontà di Dio! “Temporaneamente si chiuse l’ideale della sua vocazione.
Nella Quaresima del 1945 Padre Arturo D’Onofrio, piccolo prete di un piccolo paese della diocesi di Noia, fu invitato dal parroco Don Antonio Cirillo, per la predicazione di un corso di esercizi spirituali al popolo. Andò da Visciano nella Parrocchia “S. Francesco di Paola” in Torre Annunziata, conobbe i coniugi Maresca e pensò di organizzare lì un secondo orfanatrofìo, dopo quello che già aveva a Visciano nella Ex Casa del Fascio, per accogliere bambini orfani della guerra. Presto si costruì e l’orfanatrofìo fu fondato. I coniugi Maresca, con la collaborazione di buone signore, ne assunsero la direzione.
Era un lavoro che compivano con piacere.
Un tragico avvenimento troncò questa vita serena.
Il 19 febbraio del 1946,il signor Angelo fu sparato da un giovane erroneamente, perché questi mirava di uccidere un giovane che gli stava vicino. Fu colpito da un proiettile all’addome. Fu trasportato all’ospedale di Torre Annunziata, dove fu operato.
Pareva salvato, ma l’operazione causò una profonda infezione,
dopo dodici giorni di degenza morì.
Fu la morte di un santo. Prima dell’operazione aveva dichiarato di perdonare con tutto il cuore l’uccisore. Col sorriso sulle labbra disse: “Poveretto, non lo ha fatto apposta”.
La moglie ne ebbe grande dolore, perdeva il compagno che l’amava tanto, ma adorò la volontà del Signore e decise di attuare la sua vocazione alla vita religiosa.
Due giorni prima di morire il signor Angelo volle parlare in segreto con Padre Arturo.
Gli disse: “Padre Arturo, muoio sereno, non lascio mia moglie sola, ella resterà con voi e con i vostri orfanelli”. (Anche lei aveva perdonato l’uccisore del marito).
Mons. Camerlengo scrisse alla vedova signora, e nel confortarla, le raccomandava di rimanere a casa sua, il Signore la voleva madre dei bambini di Padre Arturo.
Ella non si convinceva, avrebbe desiderato entrare subito in un monastero, in quello delle Visitantine. A quanti chiedeva consigli, le rispondevano che le parole del marito, e quanto desiderava il Vescovo esprimevano la Volontà del Signore, e così nell’ottobre del 1946 fece la sua decisione di rimanere nella Piccola Opera della Redenzione.
Padre Arturo decise di non rivolgersi più a Congregazioni di suore per la sua Opera, ma capì dalle circostanze, che era Volontà di Dio, dar inizio con l’aiuto della signora Anna, ad una Congregazione, sua, tutta per la sua Opera.
Nel maggio del 1947 il Vescovo tenne un colloquio con la signora Anna e le disse che era sua intenzione, interpretando la Volontà di Dio, che ella si assumesse il compito di dare inizio a una nuova Congregazione religiosa per l’Opera di Padre Arturo.
E quando ella disse al Vescovo che anche Padre Arturo desiderava lo stesso, egli esclamò:
” E’ uno lo Spirito Santo che ha ispirato me e lui”.
La signora espresse la sua poca fiducia che buone giovani si fossero presentate a lei per farsi suore, ed allora il Vescovo aggiunse che le vocazioni sarebbero venute dalle pietre, senza fare alcuna propaganda.
Il 15 agosto poi le fece emettere i voti privati con l’obbedienza a lui.
L’11 febbraio del 1948 si formò la prima comunità religiosa a Noia, presso l’Istituto S. Paolino, donato alla Piccola Opera della Redenzione dallo stesso Mons. Camerlengo. Il 3 ottobre del 1949 si ebbe la prima vestizione di cinque suore, nella cappella privata del Vescovo; fu una cerimonia semplice, ma commovente, a cui partecipò anche la famiglia di suor Anna. Le suore indossarono un abito nero lungo, presero il nome di ” Piccole Apostolo della Redenzione”. La nuova Congregazione nasceva con larga benedizione del Vescovo e del Fondatore.
Suor Anna Vitiello fu la Superiora, e come avviene in ogni fondazione, assunse diversi compiti, così fecero le prime consorelle, dedite ad ogni sacrificio.
Ha sempre eseguito i desideri del Fondatore, sia per lo sviluppo della Congregazione, sia per lo sviluppo della sua Opera assistenziale e sia per la fondazione di nuove case.
Padre Filippo .camaldolese, una volta le disse: “Padre Arturo è uomo di Dio, bisogna fargli fare quello che vuole”.
Sono da notare due particolari che Madre Anna ha sempre voluto nelle sue suore sin dai primi anni di vita della Congregazione:
1) la loro vita improntata a grande semplicità, povertà, spirito di sacrificio, pronte sempre ad ogni lavoro umile e faticoso per l’assistenza ai bambini, agli handicappati, agli anziani… organizzavano le “Giornate della Carità” nelle parrocchie per chiedere qualsiasi aiuto a favore dei bambini poveri.
2) l’obbedienza pronta a Padre Arturo, seguendo sempre le sue direttive, i suoi desideri, le sue iniziative.
Era Madre Anna a dare l’esempio, è stata sempre lei ad eseguire ogni iniziativa, desiderio, ispirazione di Padre Arturo, sicura di essere nella ” Volontà di Dio”.
Così voleva che anche le sue suore avessero verso Padre Arturo stima e venerazione di vere figlie.
Quando si è trattato di iniziare una nuova Opera, voluta da Padre Arturo, era lei a preparare tutto, quanti stenti e quante fatiche per porre le prime basi! Così qui in Italia che all’estero.
Quando si è trattato di iniziare il nuovo apostolato con gli handicappati, con i centri di riabilitazione, quanti sacrifici: ha visitato altri centri, ha chiesto consiglio, preparato le suore…
I sacrifici e i disagi non la spaventavano, anche quando Padre Arturo ispirato dallo Spirito Santo decise di piantare un ramo della Piccola Opera nelle lontane terre dell’America Latina.
Madre Anna, il 5 maggio del 1971 con tre suore partirono dal porto di Napoli, con la nave Donizetti,e dopo 16 giorni di mare sbarcarono a Cartagena, dove incontrarono Padre Arturo e Padre Nicola Ariano,che erano già partiti prima per preparare la Missione.. Da Cartagena a Medellin (Colombia), viaggiarono in aereo. Fu la prima volta che viaggiarono per tanto tempo in mare e poi la prima volta in aereo.
Rimase con le tre suore per tre mesi affrontando difficoltà di ogni genere. Lei stessa afferma: “fu un vero atto di fede e di coraggio, ispirato dallo Spirito Santo e sostenuto con l’aiuto delle Vergine Santa”.
Così ancora nel Guatemala, quando subito dopo il tremendo terremoto, il compianto Cardinal Casariego invitò insistentemente Padre Arturo ad iniziare la sua Opera in quella terra martoriata dalla catastrofe e dalla guerriglia. Padre Arturo accettò e così dopo un viaggio tanto difficoltoso Madre Anna e cinque suore il 19 marzo del 1980, arrivarono nella capitale. In dei padiglioni, che erano serviti un tempo per un seminario provvisorio, incominciarono ad accogliere bambini rimasti orfani o per il terremoto o per la guerriglia. Dal Guatemala nel giugno del 1986 si passò nel Salvador.
E poi nel novembre del 1989 in India, nel Kerala. Si sono susseguiti i suoi molteplici viaggi, anche nell’età avanzata, pronta a portare conforto ad infondere coraggio,
L’amore alla volontà di Dio, è stato l’asse portante della vita di Madre Anna, il perno, intorno al quale è nato un programma e si è svolto nell’arco della sua lunga vita terrena.
Il lavoro particolare è stato per la Congregazione, il suo pensiero era costantemente diretto alle sue figlie vicine e lontane. Per ognuna in particolare, era sempre pronta a dare, senza risparmiare nulla di sé.
Intensificò il lavoro della formazione delle sue suore, sicura che tutto quello che si fa per un miglioramento spirituale non è mai perduto. I suoi esempi, come la sua parola sono indelebili negli animi
delle sue figlie e in tutti quelli che l’hanno conosciuta.
Determinata e forte, pur nell’esilità del suo fisico. Madre Anna si consacrò totalmente al Signore diventando la ” MADRE” di tutti.
Le sue devozioni particolari furono: l’Eucaristia, si protraeva a lungo davanti a Gesù Eucaristia, in Particolare nelle primissime ore del mattino. Una devozione particolare nutriva al Sacro Cuore di Gesù.
Venerava San Francesco d’Assisi, della cui povertà era innamorata. San Francesco di Sales, del quale aveva letto tutti i suoi scritti. Un amore particolare nutriva per la Madonna in particolare onorata sotto il titolo di Vergine Consolatrice del Carpinello.
Alle sue suore infondeva grande fiducia alla Divina Provvidenza.
Si industriava a cercare benefattori e a chiedere il loro aiuto per il sostentamento dei bambini poveri.
Diceva: ” quando si lavora per i poveri, indirettamente si compie del bene ai ricchi” intendendo dire che si da occasione ai ricchi di compiere opere di carità.
Ha amato e speso tutta la sua vita per il bene della Congregazione.
Nel 1978 in occasione del riconoscimento Pontificio, esortando le suore ella, nella più profonda umiltà si esprime con le seguenti parole;
“// nostro cuore deve sentire una intima gioia per aver ricevuto un dono di gran valore: sì tale è il riconoscimento da parte della Santa Sede per il nostro posto nella Chiesa. E ‘ veramente un dono in se stesso, e umilmente dobbiamo aggiungere: senza nostro merito.
Per me è un mistero: Non l’avrei sperato. Ma non è un mistero la infinita misericordia di Dio? Ed ora quanto non deve essere sentito e umile il nostro Grazie?
Sì ognuna di noi deve effettivamente, in profonda umiltà esprimere il suo vivo grazie al Signore. E ‘ questo un Suo dono.
Come fu il Signore ad ispirare a Padre Arturo di fondare questa nuova Famiglia Religiosa, fu anche Lui a chiamare ognuna di noi qui e a donarci la Santa perseveranza, così è stato ancora Lui a darci nuovamente un segno della sua predilezione.
Non sarà mancata certamente la protezione e la intercessione della Madonna e le preghiere delle consorelle defunte e di anime buone, che in terra ci amarono e continuano a pregare nel Ciclo per la nostra Congregazione.
Se poi umilmente vogliamo notare qualche cosa che sia stato gradito al Signore in questo trentennio di vita della nostra Congregazione, possiamo notare:
1) la paternità di Padre Arturo espressa dall’amore, dalla cura, dalla pazienza e anche dalla fiducia che egli ha nutrito per questa sua Congregazione;
2) le mie piccole o grandi sofferenze, inerenti all’onorifico titolo di Madre, col dovere di accettarle allo stesso modo e con lo stesso amore, con cui sa accettarle una buona madre di famiglia, consapevole della sua dignità e della sua responsabilità;
3) il lavoro di voi suore, compiuto nell’umiltà e con amore, anche se alle volte è stato faticoso, continuativo, scoraggiamo.
Il nostro vivo ringraziamento al Signore deve essere però accompagnato dalla promessa di un rinnovamento spirituale, con una nuova conferma della nostra totale consacrazione al Signore.
Gesù ci vuote tutte sue, più strettamente unite a Lui, per seguire da vicino i suoi passi. Per questo abbiamo fatto i voti, abbiamo regolato gli affetti del nostro cuore. Beata la suora che cammina senza voltarsi indietro, che non si ferma alle creature, che non mette il Signore al secondo o terzo posto nel suo
cuore. Sarebbe per lei un fallimento, un tradimento.
Vogliamo perciò riconfermare la nostra consacrazione a Dio e rinnovarci nella identità del nostro titolo: PICCOLE APOSTOLE DELLA REDENZIONE.
Dobbiamo realizzarci proprio come ci indica il nostro bei titolo, essi sono due aspetti che si integrano a vicenda.
Il primo: Dobbiamo essere veramente piccole ed essere veramente apostolo.
Un modo di essere per poter compiere il bene. Ricordiamo: “Se non diverrete come questi piccoli non
entrerete nel Regno dei Cieli. “Ai piccoli mi rivelerò “… Una realtà come ci vuole Gesù.
In questo principalmente deve consistere il nostro rinnovamento per ben poi seguire l’invito del Signore. “Tutto quello che farete a ognuno di questi piccoli lo avrete fatto a me stesso “.
Il secondo: II nostro realizzarci è un più grande amore verso i piccoli.
Il lieto avvenimento del riconoscimento di Diritto Pontificio ci impone questo dovere di rifarci più piccole, più abbandonate nel Cuore di Dio, più semplici nei nostri desideri, nella pratica dei nostri voti,più liete di una vera letizia interiore, che la esprimiamo col nostro sguardo sereno, con l’amabilità del nostro tratto, con l’atteggiamento di che ringrazia sempre per il bene che possiede e che continuamente possiede.
Dobbiamo rinnovare il fermo proposito della fedeltà agli impegno assunti, a Padre Arturo, nostro Padre e Fondatore, fedeltà alla Congregazione.
Dobbiamo rinnovarci nel compiere con sempre più amore l’apostolato verso i bimbi poveri a noi affidati, quelli in Italia e nelle terre di Missione. Essere sempre disponibili per loro, senza misurare le difficoltà, il rischio, l’incomodo…
Dobbiamo rinnovare le relazioni fra noi consorelle, sentirci sempre più unite nel formare una vera famiglia religiosa, senza tenere in conto la distinzione di cultura, di età, di ufficio, ma tutte fraternamente unite.
Vogliano rinnovarci in una povertà più sentita e più praticante contro ogni sollecitazione che ci indurrebbe a vivere una vita più comoda, più agiata, più indipendente.
Per questo le nostre Costituzioni debbono essere il Vangelo della nostra vita religiosa. “
Le sue parole ci fanno ben comprendere le caratteristiche che distinsero la vita di Madre Anna, fatta di gesti quotidiani semplici, di scelte a volte difficili, ma sempre permeate di tanta fiducia nella Provvidenza di Dio, nulla attribuiva a sé, ma tutto alla grazia del Signore.
Il dolore che corona le anime prescelte e le purifica come l’oro nel crogiolo non poteva mancare in una vita di tanto lavoro e spirito di iniziativa, concrocifìssa con il Suo Sposo Celeste, sul letto del dolore negli ultimi mesi della sua vita terrena, ha continuato a dare l’esempio di essere disponibile ed accettare, anche in momenti tanto duri ed essere pronta a fare sempre ed in tutto la VOLONTÀ DI DIO.
E Maria, la Madre celeste, il 23 luglio 2000, giorno in cui era festeggiata a Visciano onorata sotto il bel titolo di Consolatrice del Carpinello la prese con sé, per concederle il premio da lei meritato .
Padre Arturo parlando di lei così si esprime: “Era piccola, esile donna. Madre Anna, ma era un gigante dell’amore. Dalla scarna figura emergeva la sua forza, il calore della sua mano e del suo cuore, fonte di speranza per tanti bimbi provati dalla miseria. Il suo sorriso era segno della presenza di Dio in mezzo a noi”.
Desiderio delle sue suore e di chi l’ha conosciuta è che sua salma riposi nel Villaggio del fanciullo di Visciano, dove lei ha trascorso la maggior parte della sua vita e dove ha visto moltiplicarsi i miracoli della Provvidenza a favore dei bimbi poveri.